solo questione di fortuna?
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solo questione di fortuna?
leggendo un intervista al grande Christophe Profit, in uscita sul prossimo Vertical, l'occhio mi è caduto su un passaggio...
"Durante il concatenamento dei quattro pilastri del Frêney con Dominique Radigue, nella discesa del Dérobé, abbiamo fatto una doppia su un solo chiodo, niente di terribile. Ci siamo semplicemente guardati… Oggi so che non lo rifarei. Altri incidenti mi hanno insegnato a cosa prestare attenzione. Sono consapevole di aver avuto fortuna, la fortuna di farcela, e questo mi ha permesso di imparare. Quello che non è giusto è che altri non sono stati altrettanto fortunati".
Ho sentito spesso i grandi alpinisti, specialmente quelli che hanno raggiunto una certa età, parlare di fortuna. Le loro parole mi hanno sempre fatto riflettere. Una sorta di "omaggio" a compagni morti in montagna o un fatalismo ormai largamente diffuso, specialmente tra chi non è credente?
Quale che sia, anche io, in fondo, la penso così. Per quanto sopravvivere sia anche una questione di prudenza e poi, col tempo, di esperienza... alla fine essere ancora qui è solamente una questione di fortuna. Ed è per questo che è profondamente ingiusto che questo spietato cecchino, che come scrivevo qualche giorno fa sulla mia pagina facebook si chiama destino, colpisca a caso. La nostra vita, comunque, è sempre appesa ad un filo.
Mi provoca profondo dolore perdere amici e compagni in montagna. E' un dolore improvviso, che però è come se avesse uno sbocco immediato, una sorta di ragione, anche se oggettivante non l'ha. Forse esiste una sorte di legge soprannaturale tra noi alpinisti che ci rende più forti, di fronte a queste cose. Ma rimango paralizzato e non riesco più a controllare le emozioni quando qualcuno di questi si ammala, magari di un male incurabile. Ieri mi è capitato di piangere, senza riuscire più a controllarmi, e di provare un profondo senso di ingiustizia. Eppure, penso, è lo stesso destino, lo stesso spietato cecchino che ha sparato quel colpo, ed ha questa volta solo ferito.
Si, sopravvivere, farcela, è sempre una questione di fortuna. E non c'è una ragione, una giustizia
"Durante il concatenamento dei quattro pilastri del Frêney con Dominique Radigue, nella discesa del Dérobé, abbiamo fatto una doppia su un solo chiodo, niente di terribile. Ci siamo semplicemente guardati… Oggi so che non lo rifarei. Altri incidenti mi hanno insegnato a cosa prestare attenzione. Sono consapevole di aver avuto fortuna, la fortuna di farcela, e questo mi ha permesso di imparare. Quello che non è giusto è che altri non sono stati altrettanto fortunati".
Ho sentito spesso i grandi alpinisti, specialmente quelli che hanno raggiunto una certa età, parlare di fortuna. Le loro parole mi hanno sempre fatto riflettere. Una sorta di "omaggio" a compagni morti in montagna o un fatalismo ormai largamente diffuso, specialmente tra chi non è credente?
Quale che sia, anche io, in fondo, la penso così. Per quanto sopravvivere sia anche una questione di prudenza e poi, col tempo, di esperienza... alla fine essere ancora qui è solamente una questione di fortuna. Ed è per questo che è profondamente ingiusto che questo spietato cecchino, che come scrivevo qualche giorno fa sulla mia pagina facebook si chiama destino, colpisca a caso. La nostra vita, comunque, è sempre appesa ad un filo.
Mi provoca profondo dolore perdere amici e compagni in montagna. E' un dolore improvviso, che però è come se avesse uno sbocco immediato, una sorta di ragione, anche se oggettivante non l'ha. Forse esiste una sorte di legge soprannaturale tra noi alpinisti che ci rende più forti, di fronte a queste cose. Ma rimango paralizzato e non riesco più a controllare le emozioni quando qualcuno di questi si ammala, magari di un male incurabile. Ieri mi è capitato di piangere, senza riuscire più a controllarmi, e di provare un profondo senso di ingiustizia. Eppure, penso, è lo stesso destino, lo stesso spietato cecchino che ha sparato quel colpo, ed ha questa volta solo ferito.
Si, sopravvivere, farcela, è sempre una questione di fortuna. E non c'è una ragione, una giustizia
MMau- Messaggi : 35
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solo questione di fortuna? :: Commenti

non sarà solo questione di fortuna ma il caso conta tantissimo. poi va aiutato

Nella mia attività la fortuna (ma preferisco chiamarlo il caso), mi ha assistito tante volte. Incidenti finiti bene e incidenti scampati per un niente e sono qui a raccontarlo. Perché?
Dopo il mio incidente peggiore ho ascoperto che avevo ancora qualche cosa di importante da fare su questa terra e mi è piaciuto immaginare un fine in questa mia vita, uno scopo che, nonostante tutte le mie cazzate, dovevo portare a termine. Non è vero ma ci credo, sarebbe da dire, ma intanto sto ancora qua e forse a qualcosa sto servendo.
Dopo il mio incidente peggiore ho ascoperto che avevo ancora qualche cosa di importante da fare su questa terra e mi è piaciuto immaginare un fine in questa mia vita, uno scopo che, nonostante tutte le mie cazzate, dovevo portare a termine. Non è vero ma ci credo, sarebbe da dire, ma intanto sto ancora qua e forse a qualcosa sto servendo.

Senza fortuna non si va da nessuna parte e ve lo dice uno che ne ha avuta , piu di un briciolo ....... per fortuna 


due settimane fa uno svizzero, in falesia, ha fatto un voletto normale ed è morto. C'è gente che cade 700 metri giù da una parete nord e sopravvive. Forse è fortuna, forse è destino, forse stiamo parlando della stessa cosa...
@ Adriano: ma tu ci servi!
@ Roberto: e che vuoi fare di bello nella tua nuova vita?
@ Adriano: ma tu ci servi!
@ Roberto: e che vuoi fare di bello nella tua nuova vita?

MauMau ha scritto:due settimane fa uno svizzero, in falesia, ha fatto un voletto normale ed è morto. C'è gente che cade 700 metri giù da una parete nord e sopravvive. Forse è fortuna, forse è destino, forse stiamo parlando della stessa cosa...
@ Adriano: ma tu ci servi!
@ Roberto: e che vuoi fare di bello nella tua nuova vita?
Ma nel senso che in falesia ha fatto un volo senza rottura di materiali o senza aver commesso errori di manovra?

MauMau ha scritto:hanno detto che ha sbattuto la faccia. boh!
In effetti è possibile, penso. Quando facevo arti marziali ci avevano avvertito che un colpo sul naso poteva essere mortale, se sferrato in un certo modo (dal basso, mi par di ricordare).

La fortuna esiste eccome ma spesso, soprattutto quanto è stata parecchio
prodiga, ti presenta il conto senza concedere la minima
rateizzazione.....
Mi vengono in mente alpinisti famosissimi e
altrettanto forti che sono scomparsi in incidenti banalissimi e non
sempre legati all'attività alpina.
prodiga, ti presenta il conto senza concedere la minima
rateizzazione.....
Mi vengono in mente alpinisti famosissimi e
altrettanto forti che sono scomparsi in incidenti banalissimi e non
sempre legati all'attività alpina.

MauMau ha scritto:due settimane fa uno svizzero, in falesia, ha fatto un voletto normale ed è morto. C'è gente che cade 700 metri giù da una parete nord e sopravvive. Forse è fortuna, forse è destino, forse stiamo parlando della stessa cosa...
@ Adriano: ma tu ci servi!
@ Roberto: e che vuoi fare di bello nella tua nuova vita?
Ne fortuna ne destino, è casualità, solo che anche il caso ha le sue leggi, ancora da comprendere.
Il mio scopo, o almeno, quello che credo sia il mio scopo, è crescere una piccola selvaggia senza regole e cercare di aiutarla ad inserirsi nella società in un modo quasi normale, senza che rischi di finire male. Scopo, in vero, per ora lontano da assere raggiunto e se da un lato ciò amareggia molto Patrizia ed io, dall' altro mi fa sperare in ancora qualche bonus da sfruttare



MMau ha scritto:l
Si, sopravvivere, farcela, è sempre una questione di fortuna. E non c'è una ragione, una giustizia
Non so perchè ma leggendoti mi è tornato in mente una frase di mio figlio...
a neppure 12 anni, un giorno mi disse "Mamma, non bisogna nascere intelligenti o in salute o ricchi o belli, bisogna nascere solo fortunati."
Lo pensa ancora, lo penso anche io.
Esiste la vita, esiste il destino...ma, soprattutto, esiste la fortuna (e la sfortuna)!

Discutere sulla fortuna e la sfortuna è come discutere su dio. Tempo perso. 


Discutere sulla fortuna e sfortuna è come discutere sulla vita. Tempo nostro.


La morte ci sfiora e a volte non ce ne rendiamo conto e anche quando ce ne accorgiamo presto è acqua passata: dobbiamo vivere, non abbiamo tempo di badarci troppo. Forse ragiono così perchè la morte non mi ha mai toccato da vicino, nei miei affetti più intimi. Sto ripensando a quanto accadutomi solo una settimana fa.
Fin sulla vetta tutto bene, bella gita, belle foto. La discesa scialpinistica si preannuncia divertente.Siamo a più di tremila metri, dopo le prime belle curve il mio amico decide di staccare i neuroni del buon senso e imboccare un ripido pendio cotto dal sole, subito sparisce dalla nostra vista e dopo poco lo rivediamo più di cento metri sotto sdraiato sopra un bel cono di valanga. Si muove, già questo forse mi tranquillizza.
Dinamica e cause dell'incidente lapalissiane, non meritano grandi commenti ma mi inducono alcune riflessioni a latere. Quando mi son reso conto dell'accaduto ho provato un miscuglio di sentimenti ambivalenti: scocciatura e rabbia per la cazzata che è stata fatta, senso del dovere a prestare soccorso, una vaga curiosità voyeristica di andare a guardare, paura per me stesso nello scendere giù, credo di avere rimandato ogni sentimentalismo ad un ipotetico poi. Arrivato presto sul luogo dell’incidente credo di avere pensato solo al da farsi, Max si è già abbastanza ripreso, solo una ferita appare brutta: uno squarcio sotto il ginocchio tale da vedersi l'osso. Ho subito ho tirato fuori l'occorrente e abbiamo provveduto al bendaggio. L'infortunato riesce a rialzarsi e stare in piedi da solo. Con un po’ di sofferenza riuscirà a scendere a valle sulle proprie gambe.
Dopo poche ore già si sta a scherzarci sopra, lui al prontosoccorso, e poi ognuno a casa un po’ perso per i fatti suoi anche se stavolta ci è mancato davvero poco che la vicenda si potesse concludere nel modo peggiore.
Fin sulla vetta tutto bene, bella gita, belle foto. La discesa scialpinistica si preannuncia divertente.Siamo a più di tremila metri, dopo le prime belle curve il mio amico decide di staccare i neuroni del buon senso e imboccare un ripido pendio cotto dal sole, subito sparisce dalla nostra vista e dopo poco lo rivediamo più di cento metri sotto sdraiato sopra un bel cono di valanga. Si muove, già questo forse mi tranquillizza.
Dinamica e cause dell'incidente lapalissiane, non meritano grandi commenti ma mi inducono alcune riflessioni a latere. Quando mi son reso conto dell'accaduto ho provato un miscuglio di sentimenti ambivalenti: scocciatura e rabbia per la cazzata che è stata fatta, senso del dovere a prestare soccorso, una vaga curiosità voyeristica di andare a guardare, paura per me stesso nello scendere giù, credo di avere rimandato ogni sentimentalismo ad un ipotetico poi. Arrivato presto sul luogo dell’incidente credo di avere pensato solo al da farsi, Max si è già abbastanza ripreso, solo una ferita appare brutta: uno squarcio sotto il ginocchio tale da vedersi l'osso. Ho subito ho tirato fuori l'occorrente e abbiamo provveduto al bendaggio. L'infortunato riesce a rialzarsi e stare in piedi da solo. Con un po’ di sofferenza riuscirà a scendere a valle sulle proprie gambe.
Dopo poche ore già si sta a scherzarci sopra, lui al prontosoccorso, e poi ognuno a casa un po’ perso per i fatti suoi anche se stavolta ci è mancato davvero poco che la vicenda si potesse concludere nel modo peggiore.

non era mia intenzione disquisire su un concetto così astratto come la fortuna. Ma piuttosto dell'atteggiamento che hanno gli alpinisti nei confronti degli amici o dei compagni che non ce l'hanno fatta. L'esempio classico è Bonatti sul Freney. Credo che nessuno di noi pensi che lui sia sopravvissuto solo per una questione di fortuna. Oppure di Reinhold al Nanga Parbat... Eppure pensiamo che Casarotto, a cui abbiamo voluto e vogliamo tutti bene, sia stato sfortunato... Poi possiamo pensare che sia solo una questione di fatalità e dire "tanto quando è la mia ora, c'è poco da fare...
Tutti noi alpinisti è come facessimo una sorte di patto con la morte. Per dirla con Castaneda, accettiamo di camminarle accanto. Non credo che nessuno di noi abbia mai pensato di andare in montagna o in parete senza pensare all'eventualità di non tornare. E' una cosa di cui si è consapevoli, dal momento che svolgiamo un'attività che è in qualche maniera rischiosa. Posso naturalmente scegliere o cercare di limitare al massimo questi rischi.
Partivo dalla considerazione, molto intima, di come reagisco di fronte alla morte di un amico in montagna e di come mi tocca nel profondo il fatto che un caro amico possa morire di cancro così, dall'oggi al domani, senza un'apparente ragione. L'eventualità di perdere degli amici in questa maniera, mi sconvolge. Eppure, penso, è lo stesso destino beffardo, solo che non c'è neanche quella parvenza di ragione che forse c'è nell'aver scelto di fare l'alpinista
Tutti noi alpinisti è come facessimo una sorte di patto con la morte. Per dirla con Castaneda, accettiamo di camminarle accanto. Non credo che nessuno di noi abbia mai pensato di andare in montagna o in parete senza pensare all'eventualità di non tornare. E' una cosa di cui si è consapevoli, dal momento che svolgiamo un'attività che è in qualche maniera rischiosa. Posso naturalmente scegliere o cercare di limitare al massimo questi rischi.
Partivo dalla considerazione, molto intima, di come reagisco di fronte alla morte di un amico in montagna e di come mi tocca nel profondo il fatto che un caro amico possa morire di cancro così, dall'oggi al domani, senza un'apparente ragione. L'eventualità di perdere degli amici in questa maniera, mi sconvolge. Eppure, penso, è lo stesso destino beffardo, solo che non c'è neanche quella parvenza di ragione che forse c'è nell'aver scelto di fare l'alpinista

sai, la fortuna forse è un concetto astratto solo per chi non ci crede.....
invece, secondo me, fa parte del caso, del destino, fa parte della nostra vita, del nostro quotidiano
un mio amico a novembre è morto in falesia, in un volo ha battuto la testa e non c'è stato più nulla da fare
invece altri miei amici hanno fatto voli di tantissimi metri e, per fortuna (
), stanno bene
tu mi dirai, ed io stessa lo dico, che per il mio amico morto in falesia era arrivata la sua ora, era il suo destino ecc ecc e per gli altri no.
ok, ma ciò non toglie che il primo è stato sfortunato, gli altri fortunati.
33 anni fa esatti (proprio il 12 giugno del 79) Ernesto Lomasti è morto, preso da un fulmine o per colpa, insomma, di un forte temporale
io, sempre in montagna, presa da un fulmine in un temporale durato 10 minuti, sono ancora qua che scrive sul forum.
e non voglio parlare di malattie dove, secondo me, la fortuna/sfortuna è ancora più presente
non mi dite che genitori che vedono morire un figlio a 3 anni o 5 anni o 10 anni per un tumore ...siano fortunati
ma, soprattutto, che gli stessi bambini colpiti...siano stati fortunati nella loro breve vita, rispetto a gente che invece arriva a vivere fino a 90 anni e più.....
Insomma....secondo me esiste il caso, la fatalità, il destino
ma all'interno di queste "ipotesi" ....non mi dite che non giochi un ruolo determinante la fortuna/sfortuna individuale!

invece, secondo me, fa parte del caso, del destino, fa parte della nostra vita, del nostro quotidiano
un mio amico a novembre è morto in falesia, in un volo ha battuto la testa e non c'è stato più nulla da fare
invece altri miei amici hanno fatto voli di tantissimi metri e, per fortuna (

tu mi dirai, ed io stessa lo dico, che per il mio amico morto in falesia era arrivata la sua ora, era il suo destino ecc ecc e per gli altri no.
ok, ma ciò non toglie che il primo è stato sfortunato, gli altri fortunati.
33 anni fa esatti (proprio il 12 giugno del 79) Ernesto Lomasti è morto, preso da un fulmine o per colpa, insomma, di un forte temporale
io, sempre in montagna, presa da un fulmine in un temporale durato 10 minuti, sono ancora qua che scrive sul forum.
e non voglio parlare di malattie dove, secondo me, la fortuna/sfortuna è ancora più presente
non mi dite che genitori che vedono morire un figlio a 3 anni o 5 anni o 10 anni per un tumore ...siano fortunati
ma, soprattutto, che gli stessi bambini colpiti...siano stati fortunati nella loro breve vita, rispetto a gente che invece arriva a vivere fino a 90 anni e più.....

Insomma....secondo me esiste il caso, la fatalità, il destino
ma all'interno di queste "ipotesi" ....non mi dite che non giochi un ruolo determinante la fortuna/sfortuna individuale!

MauMau ha scritto:non era mia intenzione disquisire su un concetto così astratto come la fortuna. Ma piuttosto dell'atteggiamento che hanno gli alpinisti nei confronti degli amici o dei compagni che non ce l'hanno fatta. L'esempio classico è Bonatti sul Freney. Credo che nessuno di noi pensi che lui sia sopravvissuto solo per una questione di fortuna. Oppure di Reinhold al Nanga Parbat... Eppure pensiamo che Casarotto, a cui abbiamo voluto e vogliamo tutti bene, sia stato sfortunato... Poi possiamo pensare che sia solo una questione di fatalità e dire "tanto quando è la mia ora, c'è poco da fare...
Tutti noi alpinisti è come facessimo una sorte di patto con la morte. Per dirla con Castaneda, accettiamo di camminarle accanto. Non credo che nessuno di noi abbia mai pensato di andare in montagna o in parete senza pensare all'eventualità di non tornare. E' una cosa di cui si è consapevoli, dal momento che svolgiamo un'attività che è in qualche maniera rischiosa. Posso naturalmente scegliere o cercare di limitare al massimo questi rischi.
Partivo dalla considerazione, molto intima, di come reagisco di fronte alla morte di un amico in montagna e di come mi tocca nel profondo il fatto che un caro amico possa morire di cancro così, dall'oggi al domani, senza un'apparente ragione. L'eventualità di perdere degli amici in questa maniera, mi sconvolge. Eppure, penso, è lo stesso destino beffardo, solo che non c'è neanche quella parvenza di ragione che forse c'è nell'aver scelto di fare l'alpinista
Io penso che la casualità incida. Minimamente ma incida. Quel minimamente può essere veramente pesante come una foglia secca, ma può cambiare radicalmente il corso degli eventi, può fare letteralmente la differenza fra la vita e la morte.
Prima di quella casualità c'è però una catena di eventi in cui abbiamo scelto.
Il problema è che non è quasi mai possibile determinare l'effetto a lungo termine di una nostra scelta. Il concetto di buono e di cattivo sono privi di significato.
Arrivi tardi alla stazione e perdi il treno. Ciò è male e te la prendi con il traffico che ti ha fatto ritardare.
Il treno ha un incidente e muoiono tutti i passeggeri della tua carrozza. Ti sei salvato e questo è un bene.
E' semplice in questo caso stabilire con tutta probabilità cosa sarebbe accaduto se ...
ma in genere non è affatto semplice risalire le ramificazioni delle scelte e delle casualità. In breve possono essere milioni.
La casualità esiste. Perché tutti, più o meno a seconda delle circostanze, abbiamo un ambito in cui siamo costretti ad affidarci alla casualità che riteniamo di poter gestire al momento. Le nostre pianificazioni possono essere imprecise per aver valutato male alcuni aspetti che con maggiore conoscenza ed esperienza sarebbero stati prevedibili.
Prevedibile vuol dire poter escludere la casualità.
Però quanto più sei esperto, accurato, attento, capace, tanto più sei in grado di eliminare un'alta percentuale di casualità dalla tua vita, ma nessuno sembra essere in grado di poter eliminare del tutto la casualità.
Per cui anche se non hai fatto alcun errore nella pianificazione, è sempre possibile che quel margine minimo di casualità che hai necessariamente lasciato ti freghi.
Domenica ero in falesia, come sempre senza casco. C'era vento e sopra di me avevo una parete alta con piante.
Ho pensato che c'erano le condizioni ideali per rischiare la caduta di sassi.
Allora ho scelto una parete con la parte mediana strapiombante dove eventuali cadute di sassi sarebbero avvenute a qualche metro da dove stavo.
Se avessi scelto la parete accanto e un sasso mi avesse colpito sarebbe stata casualità?
certo. ma solo casualità?
no. alla base ci sarebbe stata una mia scelta o non scelta.
D'altro canto, mettermi al riparo della parete, diminuiva molto, è evidente, il rischio di essere colpito da un sasso.
Un conto è stare sotto tiro per 5 ore e un conto è starci mentre arrivi e mentre torni, cioè alcuni minuti.
Però non lo eliminava del tutto. Lo diminuiva moltissimo, ma non lo eliminava.
Se fossi stato colpito da un sasso mentre andavo via, in quella strettissima finestra temporale in cui ciò era possibile, sarebbe stata casualità?
Certo. Ma solo casualità?
No. Alla base ci sarebbe stata la mia scelta di andare comunque in quella falesia con una parete alta in una giornata ventosa.
Però avevo ritenuto il margine di casualità accettabile. Ho scommesso sul calcolo delle probabilità e ho avuto ragione.
A volte non scommettiamo nemmeno. Semplicemente ignoriamo delle circostanze pericolose e quindi senza saperlo stiamo scommettendo a rischio altissimo.
In realtà siamo costretti continuamente ad attraversare zone grigie dove non abbiamo controllo (pianificazione) degli eventi, sia per scelta, sia perché siamo presi da altro, sia perché gli eventi possono essere in numero così alto da essere umanamente impossibili da controllare.
Dopodiché chiamiamo fortuna o caso o destino o come volete (virgy sembra dare un significato diverso ad ognuno di questi termini, dice addirittura "la fortuna forse è un concetto astratto solo per chi non ci crede..... invece, secondo me, fa parte del caso, del destino" con un intrico di tautologie autodimostranti da lasciare senza fiato... )
quello che dovremmo definire semplicemente incapacità/impossibilità di pianificare gli eventi.
Per questo dicevo che discutere della fortuna equivale a discutere dell'esistenza di dio. Perché entrambi sono oltre la zona dell'umano. Si spostano laddove noi non sappiamo. Nella sfera della non conoscenza.
Ed effettivamente, il fato, il destino, sono ammantati da un alone di deità.
Al corso degli eventi apparentemente casuali pensando siano originati da una volontà esterna da noi, riconosciamo la deità. E abbiamo creato un dio. Che poi possiamo chiamare come ci pare.
In sostanza.
La fortuna o il caso, esiste, ma il margine in cui opera dipende da noi.
E se qualche alpinista è sopravvissuto e altri no, non è solo casualità. Non è solo fortuna.
E' capacità. è conoscenza. è esperienza. è mancanza di pulsioni autodistruttive. è molte altre cose umane.
La morte ci cammina accanto perché fa parte della vita. Sono indistinguibili. Sono la stessa cosa.
Ma quanto la nostra esistenza può essere più o meno affidata al caso lo decidiamo noi, in buona parte.

Maumau, visto che hai citato Castaneda ...
non so se ricordo ma c'era ben spiegato in quei libri lo stato d'animo ("del guerriero" ok ... ma va bene anche "dell'alpinista"
) di fronte all'ignoto: era un miscuglio di umiltà e determinazione. Una storia ben raccontata ma tutto sommato niente di nuovo (Castaneda era un furbacchione) visto che sono millenni che filosofi e poeti si dibattono tra questi due poli. L'umiltà dinanzi alla grandezza e imperscrutabilità degli dèi, del destino, o per dirla oggi del determinismo non calcolabile, e la determinazione come unica ancora di salvezza di fronte a queste "forze": l'affidarsi alle regole, ai rituali dettati dall'esperienza, solo per non perdersi, come una finzione indispensabile.
Anche l'alpinista finge di controllare la situazione, e di fatto la controlla in parte, ma sapendo di essere in balia di qualcosa più grande di lui. Follia controllata la chiamava... tu ci hai fatto anche una via mi sembra.
Però, al di là di questo che vale indistintamente per tutti, c'era anche un residuo individuale, il potere personale, la quantità di energia fisica e psicologica a cui ognuno può attingere per andare avanti, per vincere la paura, o per avere la lucidità di fare la cosa giusta nel momento giusto.
Ultima modifica di tummu il Mar Giu 12, 2012 10:41 am, modificato 1 volta
non so se ricordo ma c'era ben spiegato in quei libri lo stato d'animo ("del guerriero" ok ... ma va bene anche "dell'alpinista"

Anche l'alpinista finge di controllare la situazione, e di fatto la controlla in parte, ma sapendo di essere in balia di qualcosa più grande di lui. Follia controllata la chiamava... tu ci hai fatto anche una via mi sembra.
Però, al di là di questo che vale indistintamente per tutti, c'era anche un residuo individuale, il potere personale, la quantità di energia fisica e psicologica a cui ognuno può attingere per andare avanti, per vincere la paura, o per avere la lucidità di fare la cosa giusta nel momento giusto.
Ultima modifica di tummu il Mar Giu 12, 2012 10:41 am, modificato 1 volta

gli occidentali tendono a deificare la casualità o imperscrutabilità del caso mentre gli orientali si rifanno al concetto di karma, il caso non esiste, l'universo e la vita si muove secondo innumerevoli catene infinite di cause ed effetti talmente complesse da essere razionalmente comprensibili solo in minima parte. Tutto quel che ci succede dipende da cause messe in passato. Se fumo e mi viene il cancro causa ed effetto appaiono evidenti, la mia malattia dipende dalle cattive cause messe in questa vita. Comunque il cancro può venire anche conducendo una vita sanissima per cause genetiche, qui gli orientali si rifanno sempre al concetto di karma tirando in ballo le vite precedenti: quando nasciamo ci incarniamo in un corpo ed in un contesto determinato dalle cause messe nelle nostre vite passate in un ciclo infinito di morte e rinascita secondo un disegno indecifrabile per la nostra povera e limitata mente.

bello buzz!
si Tummu, la via Follia Controllata si riferiva proprio ad un passo del libro di Castaneda, ma nella fattispecie era un tiro da cui non so come ne fossi uscito anche se avevo mantenuto, o mi sembrava di aver mantenuto, un minimo di controllo della situazione...

si Tummu, la via Follia Controllata si riferiva proprio ad un passo del libro di Castaneda, ma nella fattispecie era un tiro da cui non so come ne fossi uscito anche se avevo mantenuto, o mi sembrava di aver mantenuto, un minimo di controllo della situazione...

buzz ha scritto:
La morte ci cammina accanto perché fa parte della vita. Sono indistinguibili. Sono la stessa cosa.
Ma quanto la nostra esistenza può essere più o meno affidata al caso lo decidiamo noi, in buona parte.
il giorno che mi ha preso il fulmine in montagna, Buzz
avevamo deciso tutti la stessa cosa, in base al tempo bello (non erano previsti temporali in montagna)
quando è scoppiato abbiamo scelto, metà comitiva, di stare all'aperto ma sotto un tetto di una casetta e l'altra metà del gruppo, tra cui io e la mia amica, ha deciso di entrare in una casetta disabitata vicina
quindi tutti e due, io e la mia amica, quel giorno abbiamo ponderato, abbia realizzato cosa fare, abbiamo scelto la stessa cosa ed eravamo vicine, dentro e al riparo e accanto ecc ecc

è arrivato il fulmine, ci colpisce...tutte e due scaraventate a terra, lei morta io no
ha scelto lei???
o lei è stata SOLTANTO più sfortunata di me??
o io sono stata SOLTANTO più fortunata di lei.....
insomma...il caso, le nostre scelte sì...sì...tutto vero in alcune cose, in parte della nostra vita, come negli esempi che hai fatto
ma all'interno del nostro caso e del nostro destino....tu dici che non c'è "fortuna" o "sfortuna" individuale che gioca il ruolo in un determinato momento???
ti faccio altri esempi???
Ma quanto la nostra esistenza può essere più o meno affidata al caso lo decidiamo noi, in buona parte.
mio figlio si ammala
non lo decide lui e neppure ha fatto delle scelte poco prima che lo portano a quello: ammalarsi

all'ospedale...in quei mesi c'erano altri bambini
stesso tipo di malattia, stessi anni....
lui ce l'ha fatta, altri no.....
posso parlare di fortuna e sfortuna??
certo che posso.......
continuo???
potrei farti 40/50 anni di esempi

Tu dici che la casualità esiste, e lo credo pure io
ma non sempre, anzi, molto spesso la casualità non dipende dalle nostre scelte o meno
ma dipende da altro ancora
e all'interno di questo "altro", secondo me.....gioca un ruolo fondamentale anche la fortuna o la sfortuna dell'individuo
questo è il mio pensiero, maturato dalle mie esperienze!

Virgy, ma quello che dici non sposta di una virgola ciò che ha scritto Buzz.

baldazzar ha scritto:Virgy, ma quello che dici non sposta di una virgola ciò che ha scritto Buzz.
In sostanza.
La fortuna o il caso, esiste, ma il margine in cui opera dipende da noi.
non mi pare ....
lo sposta, eccome!
e anche questo, non so

E se qualche alpinista è sopravvissuto e altri no, non è solo casualità. Non è solo fortuna.
E' capacità. è conoscenza. è esperienza. è mancanza di pulsioni autodistruttive. è molte altre cose umane.
....allora tutti gli alpinisti (bravi) morti.... non avevano o avevano in piccola parte, quindi, capacità, esperienza, mancanza di pulsioni distruttive ecc ecc????
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